mercoledì 28 dicembre 2011

Ho finalmente capito che...

A chi, come me, ha la fortuna di avere qualcuno da ringraziare, se non ogni giorno, quasi. 
A chi, come me, oggi sa di avere accanto persone non solo speciali, ma eccezionali! 
Grazie!




Se ora so qual è la verità lo devo a te!



venerdì 23 dicembre 2011

Natale

Ci siamo. Anche quest'anno è arrivato lui. Il più temuto. Il più desiderato. Vestito rosso, blu, oro, argento...vestito di freddo. 
C'è chi fa il conto alla rovescia perchè non aspetta altro che svegliarsi e dargli il buon giorno. 
C'è chi fa il conto alla rovescia perchè non aspetta altro che addormentarsi per dargli la buona notte.
Di sicuro c'è che è ancora qui. Un'altra volta. 
Quest'anno appartengo alla stessa categoria dell'anno scorso, ma con qualche peso in più. 
Non faccio gli auguri a chi capita, perchè questa non è una festa a caso. 
E quest' anno, come tutti gli anni, non solo non voglio regalare regali, ma non voglio nemmeno sprecare gli auguri. 
Quindi gli auguri li dedico a coloro che in quest'anno sono stati parte di me. Coloro che con me hanno condiviso gioie e dolori. Coloro che con i loro problemi, o i loro sorrisi, hanno riempito le mie giornate, e io le loro con i miei. 
Auguri a coloro dei quali conosco i volti a memoria. 
Auguri a chi spero davvero che passi non solo il Natale, ma un'intera vita sorridente, anche nelle difficoltà. 
Auguri amici miei. 
Auguri a coloro cui voglio bene. 
Auguri a coloro che mi vogliono bene. 
E auguri anche a chi mi odia, purchè abbia spazio considerevole nella mia vita. 



sabato 17 dicembre 2011

Un giorno così

Finalmente, per in giorno, non siamo state solo calcetto.
 Finalmente, per un giorno, abbiamo riempito la nostra giornata in modo positivo. 
Finalmente, per un giorno, abbiamo sorriso!
Grazie bambini!

http://www.tscpreci.com/dettaglio_news_main.asp?lang=it&idNew=60

Aurora

"Perchè si trova qui?" chiese guardando la mamma di Aurora, ma rimanendo inginocchiata vicino alla bambina.
"Gastroenterite, disse, sfoggiando un piccolo sorriso quasi con vergogna, poi proseguì "per fortuna niente di grave".
Chiara comprese il senso di quelle parole e di quello sguardo. Fissò i suoi occhi nel volto sorridente di aurora, quindi tornò a guardare la mamma: "A 4 anni è una cosa grave", esclamò, con un tono di voce rassicurante.
"Già, sorrise la mamma, sentendosi compresa, per fortuna il peggio è passato".
Sorrisero entrambe su quest'ultima constatazione. Aurora, in piedi vicino alla sedia dove era stato deposto il suo regalo, rideva senza trovare parole. Guardava il piccolo orologio di cartone ricevuto in dono, come un collezionista osserverebbe il suo pezzo raro. 
Era tanto tempo che Chiara non si sentiva così a suo agio in mezzo a tanti bambini. Ma sopratutto, non credeva di poter resistere al ricordo di un posto molto simile...Un posto che da sempre la sua memoria si era rifiutata di archiviare nel dimenticatoio. 
Era lei Aurora. Era Francesca. Era Alessandro.
Era tutti quei bambini che ora le sorridevano alla vista dei regali.
Sorridevano non stando bene. Sorridevano. Quei sorrisi cominciarono a fare breccia nel suo cuore e davvero, forse, non li odiava più.



giovedì 1 dicembre 2011

F&A


“[...] D'improvviso fu distolto dalla profondità dei suoi pensieri. La porta si aprì ed entrarono le sue insegnanti. Subito un sorriso gli illuminò il volto. Amava quelle persone, che in breve tempo e con un ruolo tanto scomodo, erano riuscite a fargli riacquistare l’amore per lo studio, e insieme per la vita.
Entrarono e subito si sistemarono nella loro stanza relax.
Lui le seguiva sempre con lo sguardo, sempre attento a non farsi notare. Ascoltava le loro voci e il cuore si riempiva di gioia. Era una consuetudine ormai consolidata, eppure, come un innamorato, non si stancava mai di questa routine.
Ma, oggi sentiva che qualcosa non andava come avrebbe dovuto. Avvertiva un senso di pesantezza e tristezza nelle loro voci. Non c’erano scambi di battute tra loro, e i sorrisi erano assenti dai loro volti.
Percepì tutto ciò, e cominciò a sentire il suo cuore farsi pesante. Un peso lacerante. Una grande paura.
La porta della sala rimase aperta, e da lì uscirono parole confuse dal tono cupo. Un accendino si accese, e mentre il caffè rilasciava nell’aria il suo aroma, Charles ebbe un moto istintivo. Non capiva cosa, ma sapeva che doveva fare qualcosa, e doveva farlo in fretta. Cogliere quell’attimo. Si alzò di scatto dalla sedia. Si diresse con passo deciso verso le voci, che si facevano più chiare. Sentiva il cuore battere così forte che sembrava volergli lacerare il petto. Si fermò, le guardò negli occhi e fece per parlare. Con l’unico sottile filo di voce di cui l’agitazione non si era ancora impossessato cominciò:
‘Non so quale sia il problema, ma so che c’è. Insieme ad esso, però, c’è anche la consapevolezza che io ho bisogno di voi. E non solo io.
Sono un giovane disastrato, che ha deciso di cambiare strada anche e soprattutto grazie a voi. Ho bisogno che restiate con me. Noi giovani non abbiamo che falsi  ed evanescenti miti da emulare. A me non bastano più da quando conosco voi. Ora ho 2 eroine da ammirare e seguire per diventare un giorno come loro. Voi siete gli esempi di cui noi giovani abbiamo bisogno e ai quali io mi ispiro. Ho bisogno di voi. Ho bisogno che reagiate perché anch’io possa difendervi con tutto me stesso.’
Pausa silenziosa. Il cuore di Charles tuonava ancora come se avesse un temporale dentro.
Alzò gli occhi giusto in tempo per vedere quattro occhi che luccicavano. Lacrime che rigavano volti. Ma finalmente, insieme a tutto ciò, vide i sorrisi più splendenti e più rigeneranti di tutta quella giornata.”



                                                                                                                          


mercoledì 30 novembre 2011

Grazie!

Queste sono le vere soddisfazioni che cerco!
I vostri sorrisi saranno i miei sorrisi! 
GRAZIE


venerdì 25 novembre 2011

Arriverà Natale...


"E arriverà Natale, anche quest anno arriverà.
Natale per chi resta, per chi va..."

Il Natale. Amava e odiava questa festa. La aspettava con ansia, ma poi quando arrivava il 25, desiderava che fosse già il 26.
Come molti, Charlotte trascorreva il giorno del 25 insieme a tutta la sua famiglia, nemmeno fosse il giorno del ringraziamento. 
Tra l altro, non comprendeva perchè, essendo i suoi parenti non credenti, si trovavano ogni anno a festeggiare il compleanno di una persona che non credevano essere mai nata. 
Ma il Natale era anche questo. Una dose di semplice magia. 
Ma quella magia non la contagiava più. Si sentiva estranea a quell'atmosfera di festa. Di gioia. Sentiva che mancava qualcosa. Qualcuno. 
Non comprendeva quei sorrisi, quelle facce felici. Aveva nella mente solo quel posto vuoto a capotavola. Quel posto occupato fino a qualche mese prima. 
Ma sopratutto, non sopportava di 'dover' festeggiare. 
Tutti si aspettavano che lei fosse serena. 
Ma in tutto quel frastuono di regali scartati, stoviglie e chiacchiere, era diventata sorda. 
Essere felici era forse un dovere? 





giovedì 24 novembre 2011

Dialogo tra vivi


"La guardava senza parlare. Quella figura le sembrava straordinariamente affascinante, ma allo stesso tempo aveva come la percezione di un pericolo imminente. La figura non parlava, vestita di nero, anch' essa si limitava a guardarla con occhi seri, ma con viso disteso. All' improvviso però, Marta sentì il bisogno di interrogarla. Percepiva il pericolo, ma la tentazone fu più forte. "Chi sei?" chiese interrompendo quel silenzio fatto di sguardi.
Ed ecco che la figura cambiò stato. Da disteso e sereno il suo volto divenne serio e contratto, e i suoi occhi assunsero un espressione severa. "Non vorresti saperlo. Se te lo dicessi ti pentiresti, fidati di me". Ma marta non prestò attenzione alle sue parole, e riprese: "Chi sei?".
Ecco allora che la figura divenne seria, rigida, i suoi occhi divennero più scuri, e dalle sue labbra cominciò a trasparire la sua identità: "Ho tanti nomi in verità. C'è chi mi chiama Assassina, chi Sorella, chi Disgrazia, chi Libertà, chi Principio, chi Fine. C'è chi mi odia, e chi invece mi venera. Ogni persona mi percepisce in modo diverso, e io ho potere su uomini e animali, e su tutto ciò che sia vivente. Ma in un modo o nell' altro, tutti mi temono. Io sono la Morte". Fece un pausa, e Marta potè scorgere che le sue pupille avevano assunto la forma di due teschi. La Morte riprese: "Hai paura? E' normale. Quando mi presento ai viventi non porto quasi mai loro belle notizie. E questo vale anche per te". Marta la fissò, fece un lungo respiro e con un viso sereno rispose "Io non ti temo. Non mi spaventi sebbene conoscai tuoi poteri. Ti ho incontrato più volte nella mia vita. Ti ho odiato. Ti ho cercato. A volte sei stata un sollievo per qualcuno che ho amato. Ti ho conosciuto sotto molteplici forme. Non ti temo. Dimmi solo che sei qui per me, perchè questa volta non ti lascerò colpire col tuo bacio altre persone che amo". Con sopresa, la Morte rispose: "La mia forma fisica è visibile solo alle persone dalle quali sono inviata". "Bene, riprese Marta, ecco che allora non sarai per me una preoccupazione. Lascio questo mondo col pensiero di chi ho amato e di chi amo. Sono qui, Morte". La Morte la guardò con stupore: "Tu non piangi, non ti disperi, non cerchi di fuggire. Sono pochi gli esseri viventi che reagiscono come te, eppure, per quanto io sia potente, non riesco a comprendervi". Marta sorrise: "C'è chi piangerà e si dispererà per me. Cosi come io ho fatto per coloro che tu hai visitato prima di me. Quando sono venuta al mondo ho compreso presto che tutto ciò che inizia ha prima o poi una fine. Ne sono sempre stata consapevole. E su questa consapevolezza ho basato la mia vita. Non mi spaventi perchè in fondo ti ho sempre aspettato". "Sei coraggiosa, Marta, e se dipendesse da me passerei oltre, perchè tu possa trasmettere questa consapevolezza alle nuove generazioni, ma non potendo, posso solo sperare che in molti comprendano la mia vera natura". Marta la riprese "La tua natura non può essere compresa dagli esseri umani", "E' vero, sorrise la Morte, ma possono smettere di avere paura di me".
(13 maggio 2010)


Lettera di un giovane giocatore a suo padre



Lo sai papà, che quasi mi mettevo a piangere dalla rabbia, quando ti sei arrampicato sulla rete di recinzione, urlando contro l'arbitro?

Io non ti avevo mai visto così arrabbiato! Forse sarà anche vero che, lui, l'arbitro, ha sbagliato: ma quante volte io ho fatto degli errori senza che tu mi dicessi niente...

Anche se ho perso la partita "per colpa dell'arbitro", come dici tu, mi sono divertito lo stesso. Ho ancora molte gare da giocare e sono sicuro che se non griderai più l'arbitro sbaglierà meno.

Papà, capisci, io voglio solo giocare, ti prego lasciamela questa gioia, non darmi suggerimenti che mi fanno solo innervosire: "tiraaa", "passaaa", "buttalo giù".

Mi hai sempre insegnato a rispettare tutti, anche l'arbitro e gli avversari e di essere educato... e se buttassero giù me, quante parolacce diresti?

Un'altra cosa, papà, quando il mister mi sostituisce o non mi fa giocare, non arrabbiarti! Io mi diverto anche a vedere i miei amici, stando in panchina. Siamo in tanti ed è giusto dare a tutti la possibilità di giocare(come dice il mister).

E, per piacere, insegnami a pulire le mie scarpe da calcio, non è bello che tu lo faccia al posto mio, ti pare?

E, scusami papà, non dire alla mamma, al ritorno dalla partita "oggi ha vinto" o "ha perso", dille solo che mi sono divertito tanto e basta.

E poi non raccontare, ti prego, che ho vinto perchè ho fatto un gol bellissimo: non è vero papà! Ho buttato il pallone dentro la porta perchè il mio amico mi ha fatto un bel passaggio, il mio portiere ha parato tutto, perchè assieme agli altri miei amici, ci siamo impegnati moltissimo: per questo abbiamo vinto(ce lo ha detto anche il mister).

E, ascoltami papà, non venire nello spogliatoio, al termine della partita, per vedere se faccio bene la doccia o se so vestirmi, ma che importanza ha se mi metto la maglietta storta? Papà, devo imparare da solo, sta' sicuro che diventerò grande anche se avrò la maglietta rovesciata, ti sembra?

E lascia portare a me il borsone: vedi? C'è stampato sopra il nome della mia squadra e mi fa piacere far vedere a tutti che io gioco a pallone.

Non prendertela, papà, se ti ho detto queste cose, lo sai che ti voglio tanto bene... ma adesso è già tardi, devo correre al campo per l'allenamento. Se arrivo tardi il mister non mi farà giocare, la prossima volta...Ciao

Un giovane calciatore







VB, non vi chiedo di capire

Probabilmente non mi capirete mai. E non vi chiedo di 
farlo. In fondo non è facile comprendere ciò che a voce non può essere spiegato. Da fuori tutto sembra facile, tutto sembra solo quello che in realtà non è: un gioco. 
Eh si, sprecherete come sempre le vostre frasi ormai già pronte all'uso: 'Esageri'. 'Non esagerare', 'Ormai non ti si vede più', 'Ma tanto devi sempre giocare'. Le conosco a memoria. Potrei dirvi chi le pronuncia, quando e con quale tono. Lo so. E per questo non vi chiedo di capire. Non mi interessa che pensiate che sia un'automa che ormai ha un pallone (misura 4) al posto del cervello. Pensatelo pure se vi fa comodo. Pensatelo se credete vi sia utile. Non vi chiedo di capire. Una passione non si può spiegare. E' come se vi chiedessi perchè passate del tempo con la vostra famiglia. Perchè una squadra è questo. E' una famiglia. Dove spesso le parole non servono. Dove uno sguardo contiene mille intese. Dove per crescere bisogna dare. A volte molto. Ma dove non si finisce mai di ricevere. Le parole diventano emozioni, e le presenze rassicurazioni. E' qui, in famiglia, che impari le regole, il rispetto, il senso del sacrificio e l'altruismo. Dove impari a gestire le forze, il fisico, la salute. 
Si, lo so. Sembra assurdo. Ma io non vi chiedo di capire. Anche perchè per chi è fuori da quel rettangolo verde è davvero impossibile capire. I genitori a volte titubanti, temono che stia solo perdendo tempo. Gli amici che non solo non ti comprendono, ma che spesso nemmeno ti appoggiano, e passano il tempo a criticarti. 
Non si può comprendere ciò che non si può spiegare. Non si può spiegare l'emozione di indossare una maglia che sai essere tua, perchè l hai guadagnata. Non si può spiegare una passione. Si può solo viverla. E quando la vivi, ti porta una gioia e una adrenalina che puoi chiamare senza dubbio felicità. Una felicità che ha il volto delle tue compagne, del tuo mister, della tua preparatrice e del tuo dg, e di tutte le persone che ogni volta ti seguono, con qualunque clima. 
E qui impari che 'Ognuna è importante, ma tutte sono fondamentali'. 
VB col cuore bianco blu



(26 gennaio 2009)



mercoledì 23 novembre 2011

...

[...] e mentre parlavano, riaffiorò il ricordo più doloroso che avesse vissuto. La voce si spezzò. Gli occhi cominciarono ad inumidirsi, e immediatamente una lacrima le rigò il viso. Si bloccò sull'ultima frase. Sapeva che ogni parola sarebbe stata un macigno da aggiungere ad una sacca già piena.
Dopo qualche secondo respirò profondamente.
Di fronte a lei, due occhi la scrutavano con orgoglio e compassione. La fissavano conoscendo il valore di ogni lacrima. Sorridevano senza derisione. Sorridevano con riconoscenza. Sorridevano seri.
Abbassò lo sguardo, diventato anch'esso troppo pesante da poter tenere il alto.
Ma i due occhi restavano fermi lì a fissarla. Le parlarono. La consolarono. Poi, caduta l'ultima lacrima, la tensione e il dolore di quel momento si sciolsero in un abbraccio rincuorante e protettivo.


martedì 22 novembre 2011

Passato e presente

Ho pensato molto a come poter rendere comprensibile quello che ho provato nel vedervi. Poi ho capito che forse il modo più semplice è anche quello più efficace.
Ho raggiunto, con tanto impegno e una buona dose di fortuna, la serie A. E' emozionante, gratificante, e anche se un po' stancante, sono felicissima di poterne fare parte .
Ma non posso dimenticare da dove tutto ha avuto inizio. Quattro anni fa. Su quel campo di via Vitellia. Dove, affogando nell'umidità di villa Pamphili, cominciavamo a conoscerci e a muovere i primi passi insieme. 
I sorrisi. Le paure. Gli scleri. La fatica. Ma sempre noi, sempre insieme.
Insieme in campo e fuori. Tante, tante emozioni. Siamo stati una bella famiglia, in un ritratto mai abbastanza numeroso. 
E vedervi lì, non in campo con me, ma per me a fare il tifo, beh, ecco che ritorna la famiglia. Il pulcino ha spiccato il suo volo, non senza paure nè senza tristezza, ma ora che sa di saper volare, non dimentica quel nido accogliente dove ogni tanto torna a riposare.


sabato 19 novembre 2011

Lampo

Un suono. 
Un rumore che rompe il silenzio. 
Passi incerti verso qualcosa di presente.
Ma già passato. 
Flashback passato.
Dejavù presente. 
Un suono che rompe il silenzio. 
Una lacrima taglia una guancia.
E' il presente.
E' il passato.
Ricordo. 


martedì 15 novembre 2011

Povera Italia

Dopo la felicità per essersi tolti il nano dalle palle, non dimentico la situazione in cui ci troviamo.
Spero di poter ancora sventolare il tricolore dalla mia finestra. In giro per l'Italia. In giro per il mondo. 
E non solo per i mondiali, per gli europei, per la vittoria di uno sportivo. 
Io voglio tornare a sventolare il tricolore per un paese nel quale mi ritrovo. Che amo alla follia e che non voglio lasciare. 
Voglio poter dire che il nostro sistema sanitario, uno tra i migliori al mondo, vanta fondi che permettono di aprire, e non chiudere le strutture che funzionano.
Voglio poter vivere l'università non come una privilegiata, ma come una delle tante. 
Voglio poter trovare un lavoro che mi consenta, non dico di farmi un futuro, ma di pagarmi l'affitto. 
Voglio poter essere fiera dei miei politici, che invece di continuare a ingrossare le loro tasche già stracolme, cercano di finanziare energie pulite, il riciclaggio (non di denaro), la ricerca, la scienza. 
Voglio poter gridare che il mio stato non è succube di uno stato più piccolo della punta del suo stivale. 
Voglio che la donna più amata e più odiata, che tanto amava questo paese, un giorno potesse dire di essersi sbagliata.
Voglio che tutto il mondo ammiri il mio presidente della Repubblica. 
Voglio.
Vorrei. 
Il tricolore aspetta nel cassetto. 



domenica 13 novembre 2011

Donne in rinascita



Più dei tramonti, più del volo di un uccello, la cosa
meravigliosa in assoluto è
una donna in rinascita.
Quando si rimette in piedi dopo la catastrofe, dopo la
caduta.
Che uno dice: è finita.
No, non è mai finita per una donna.
Una donna si rialza sempre, anche quando non ci
crede, anche se non vuole.
Non parlo solo dei dolori immensi, di quelle ferite da
mina anti-uomo che ti fa
la morte o la malattia.
Parlo di te, che questo periodo non finisce più, che
ti stai giocando
l'esistenza in un lavoro difficile, che ogni mattina è
un esame, peggio che a
scuola.
Te, implacabile arbitro di te stessa, che da come
il tuo capo ti guarderà
deciderai se sei all'altezza o se ti devi condannare.
Così ogni giorno, e questo noviziato non finisce mai.
E sei tu che lo fai durare.
Oppure parlo di te, che hai paura anche solo di
dormirci, con un uomo; che sei
terrorizzata che una storia ti tolga l'aria, che non
flirti con nessuno perché
hai il terrore che qualcuno s'infiltri nella tua vita.
Peggio: se ci rimani presa in mezzo tu, poi soffri
come un cane.
Sei stanca: c'è sempre qualcuno con cui ti devi
giustificare, che ti vuole
cambiare, o che devi cambiare tu per tenertelo
stretto.
Così ti stai coltivando la solitudine dentro casa.
Eppure te la racconti, te lo dici anche quando parli
con le altre: "Io sto bene
così. Sto bene così, sto meglio così".
E il cielo si abbassa di un altro palmo.
Oppure con quel ragazzo ci sei andata a vivere, ci hai
abitato Natali e Pasqua.
In quell'uomo ci hai buttato dentro l'anima ed è
passato tanto tempo, e ne hai
buttata talmente tanta di anima, che un giorno cominci
a cercarti dentro
lo specchio perché non sai più chi sei diventata.
Comunque sia andata, ora sei qui e so che c'è stato un
momento che hai guardato
giù e avevi i piedi nel cemento.
Dovunque fossi, ci stavi stretta: nella tua storia,
nel tuo lavoro, nella tua
solitudine.
Ed è stata crisi, e hai pianto.
Dio quanto piangete!
Avete una sorgente d'acqua nello stomaco.
Hai pianto mentre camminavi in una strada affollata,
alla fermata della metro,
sul motorino.
Così, improvvisamente. Non potevi trattenerlo.
E quella notte che hai preso la macchina e hai guidato
per ore, perché l'aria
buia ti asciugasse le guance?
E poi hai scavato, hai parlato, quanto parlate,
ragazze!
Lacrime e parole.
Per capire, per tirare fuori una radice lunga sei
metri che dia un senso al tuo
dolore.
"Perché faccio così? Com'è che ripeto sempre lo stesso
schema? Sono forse
pazza?"
Se lo sono chiesto tutte.
E allora vai giù con la ruspa dentro alla tua storia,
a due, a quattro mani, e
saltano fuori migliaia di tasselli. Un puzzle
inestricabile.
Ecco, è qui che inizia tutto. Non lo sapevi?
E' da quel grande fegato che ti ci vuole per guardarti
così, scomposta in mille
coriandoli, che ricomincerai.
Perché una donna ricomincia comunque, ha dentro un
istinto che la trascinerà
sempre avanti.
Ti servirà una strategia, dovrai inventarti una nuova
forma per la tua nuova te.
Perché ti è toccato di conoscerti di nuovo, di
presentarti a te stessa.
Non puoi più essere quella di prima. Prima della
ruspa.
Non ti entusiasma? Ti avvincerà lentamente.
Innamorarsi di nuovo di se stessi, o farlo per la
prima volta, è come un diesel.
Parte piano, bisogna insistere.
Ma quando va, va in corsa.
E' un'avventura, ricostruire se stesse. La più grande.
Non importa da dove cominci, se dalla casa, dal colore
delle tende o dal taglio
di capelli.
Vi ho sempre adorato, donne in rinascita, per questo
meraviglioso modo di
gridare al mondo "sono nuova" con una gonna a fiori o
con un fresco ricciolo
biondo.
Perché tutti devono capire e vedere: "Attenti: il
cantiere è aperto, stiamo
lavorando anche per voi.
Ma soprattutto per noi stesse".
Più delle albe, più del sole, una donna in rinascita è
la più grande meraviglia.
Per chi la incontra e per se stessa.
È la primavera a novembre.
Quando meno te l'aspetti...

Diego Cugia



venerdì 11 novembre 2011

Se non ora, adesso. La donna

La donna deve riflettere seriamente sulla "conquista" di una parità con l'uomo. oggi la donna può desiderare di essere pari a un oppressore, a un erede di un'egemonia ideologica?
(tratto da Se non ora, adesso, di don Andrea Gallo)


Grazie don Gallo. Grazie perchè la tua presenza mi fa credere ancora. O meglio, sperare di poter continuare a credere anche in quella Chiesa che, grazie a Dio, anche tu rappresenti.

Mangia Prega Ama, ancora


La ricerca di Dio comporta un capovolgimento del normale ordine delle cose del mondo: ci allontaniamo da quello che ci attrae e ci addentriamo in quello che è difficile. Abbandoniamo le rassicuranti abitudini quotidiane con la speranza (solo la speranza!) che qualcosa di più grande ci sarà offerto in cambio di quello cui abbiamo rinunciato. Ogni religione si basa su questo presupposto: per essere un bravo discepolo devi alzarti presto e pregare il tuo Dio, coltivare le tue virtù, essere buono con il prossimo, rispettare te stesso e gli altri, controllare i tuoi impulsi. Tutti siamo d'accordo che sarebbe più facile continuare a dormire – e molti di noi lo fanno – ma da millenni c'è chi la pensa diversamente e si alza prima dell'alba, si lava la faccia e va a pregare. E si sforza di rimanere fedele ai precetti del suo credo per il resto della sua folle giornata...
Le persone veramente religiose osservano i loro riti senza chiedere in cambio la garanzia di un risultato. E' vero che molti testi sacri e molti sacerdoti non fanno che promettere ricompense per le nostre buone azioni (o castighi per le cattive), ma anche credere a questo scambio è un atto di pura fede, perchè nessuno dei giocatori sa veramente come va a finire la partita. Le richieste della fede sono dei veri e propri 'salti', perchè accettare la nozione di divinità significa spiccare un grande balzo dal razionale all'imperscrutabile. Se conoscessimo in anticipo le risposte sul senso della vita, sulla natura di Dio e sul destino delle nostre anime, credere non sarebbe un 'salto', né un coraggioso gesto di umanità; sarebbe solo... una polizza assicurativa.
E a me il settore assicurativo non interessa. Sono stanca di essere una scettica, sono infastidita dalla prudenza spirituale e il dibattito empirico mi annoia a morte. Non potrebbe importarmene meno di prove, dimostrazioni e garanzie. Voglio solo Dio. Voglio Dio dentro di me. Voglio che circoli liberamente nel mio sangue, come i raggi di sole penetrano nell'acqua.
(tratto da Mangia Prega Ama, di Elizabeth Gilbert)


Mangia Prega Ama, di nuovo.


Luca ha viaggiato molto, anche se sostiene di non poter vivere che a Roma, vicino a sua madre, perchè è pur sempre un uomo italiano, e poi, che male c'è? Ma non è solo la mamma a tenerlo a Roma: ha più di trent'anni e da quando era adolescente è sempre uscito con la stessa ragazza […]. Gli amici sono gli stessi dell'infanzia e abitano ancora nel quartiere. Ogni domenica si trovano per vedere la partita – allo stadio o al bar (se le squadre romane giocano in trasferta) – poi ciascuno torna a casa propria, per la grande cena domenicale preparata dalle proprie madri e nonne. Neanch'io vorrei andarmene da Roma, se fossi Luca Spaghetti.


Il mistero dello scatolone smarrito diventa oggetto di una discussione tra me, Maria, la mia amica americana, e Giulio, suo marito. Maria ritiene che in una società civile si debba poter far conto sull'efficienza delle Poste, ma Giulio dichiara con garbo di non essere d'accordo. L'ufficio postale, dice, non è governato dal genere umano, ma dal fato e la consegna della posta non è una cosa che si possa mai dare per certa. Maria si spazientisce e afferma che è solo una prova in più di quant i cattolici siano diversi dai protestanti. Questa differenza è confermata, dice, dalle difficoltà che hanno gli italiani – suo marito compreso – a formulare progetti per il futuro, sia solo con una sola settimana di anticipo. Se si chiede a un protestante del Midwest di intervenire a cena la settimana successiva, il protestante, sicuro di essere padrone del proprio destino dirà: “si, giovedì per me va bene”. Ma se lo si chiede a un calabrese è probabile che risponda: “Giovedì? Mah, siamo nelle mani di Dio...”.
(tratti da Mangia Prega Ama, di Elizabeht Gilbert)


C'è ben poco da commentare. Questo libro mi ha letteralmente catturata. E questi passi, sull'Italia e sui romani nello specifico, beh, mi sembrano una fotografia onesta della nostra natura. 

Mangia Prega Ama


"Da anni desideravo imparare l'italiano – una lingua che trovavo più bella delle rose – ma non riuscivo a trovare la minima giustificazione pratica per cominciare. Perchè non perfezionare il francese o il russo, che avevo già studiato anni prima? Perchè non imparare lo spagnolo che mi avrebbe permesso di comunicare con milioni di concittadini americani? Che me ne facevo dell'italiano? Non intendevo mica trasferirmi in Italia. Sarebbe stato più utile imparare a suonare la fisarmonica.
Ma perchè tutto deve essere sempre un'applicazione pratica? Per anni ero stata un soldato obbediente – avevo lavorato, prodotto, rispettato le scadenze, mi ero presa cura dei miei cari, delle mie gengive e del mio conto in banca, ed ero sempre andata a votare. La mia vita è forse fatta solo di doveri? Nella crisi nera che stavo attraversando, avevo davvero bisogno di una giustificazione per imparare l'italiano, oltre al fatto che non c'era nient'altro che potesse farmi piacere? Studiare una lingua non era un obiettivo scandaloso. Non era come dire, a trentacinque anni: “Voglio diventare la prima ballerina del New York City Ballet”. Era realisticamente fattibile. Perciò mi iscrissi in uno di quei posti meglio noti come Scuole Serali per Donne Divorziate. I miei amici lo trovavano esilarante. Nick mi disse: “Perchè studi l'italiano? Bè, se l'Italia dovesse invadere di nuovo l'Etiopia, questa volta con successo, potresti vantarti di conoscere una lingua che si parla in ben due Paesi al mondo”.
Ma il fatto era che l'italiano mi piaceva proprio."
(tratto da Mangia Prega Ama, di Elizabeth Gilbert)



E in fondo è così. Facciamo tanto. Facciamo tutto. Ma quanto di ciò che facciamo ci piace davvero? E quanto riusciamo a dedicare a ciò che invece ci piace? Ma sopratutto, sappiamo davvero cosa ci piace? Se ci chiedessero 'Cosa ti piace fare? Cosa faresti se potessi....' Chi saprebbe rispondere?

Ed ecco che allora davvero, oggi, dovremmo riappropriarci di ciò che è nostro. Amare perchè lo sentiamo, e non perchè 'dobbiamo sistemarci'. Lavorare non solo per 'portare i soldi a casa'. Uscire perchè lo desideriamo. O restare a casa se siamo stanchi. O anche solo perchè vogliamo rilassarci.
La nostra società ci impone due modelli, uguali e contrapposti tra loro. Lo 'yes man' e lo 'no, man.
Ma i nostri 'si' e i nostri 'no' sono imposti e contrapposti. Diciamo 'si' quando vorremmo dire 'no', e viceversa.
Non sono stupida, so che è complicato ma, se tra i doveri, così, ogni tanto, trovassimo il coraggio e e se ci riprendessimo la nostra vita?

Che società!

Leggo il giornale su internet, come ogni giorno, ed ecco il titolo che più mi colpisce:


Notte all'insegna della passione e della trasgressione per Rosalinda Celentano


In pratica la figlia di Celentano è stata paparazzata mentre si scambiava effusioni con un'attrice. Una donna, quindi. Una relazione omosessuale, quindi. 
E allora? Ecco che il titolo subito fa notizia: 'trasgressione'. 
Quindi, se Belen fa sesso in spiaggia davanti ai bambini con il suo amato Corona, è 'passione senza limiti'; se invece due donne o due uomini si scambiano tenerezze (senza dar spettacolo e, nel caso di specie, in macchina), allora ecco che parte la trasgressione!
No, non credo di poter comprendere fino in fondo questo schifo di società!



mercoledì 9 novembre 2011

Emozioni...

Che effetto tornare lì dove tutto è iniziato. Lì dove tutto è finito. 
Eppure meritavano i nostri grazie. 



lunedì 24 ottobre 2011

Ciao Marco

Non seguo il moto gp. Auto. Moto. Motori. Tutti questi elementi mi sono sempre stati estranei. 
Eppure guardando quelle immagini, penso ad un fattore comune: sport. 
Il mio sport non c'entra niente col tuo. 
Fino a ieri sapevo che esistevi solo perchè mi ricordavo quei capelli ricci alla 'Telespalla Bob'.
Eppure, eri uno sportivo. Ci accomunano la passione per ciò che facciamo, e i sacrifici che per questi spesso affrontiamo. Non ci conoscevamo, eppure eravamo simili.
E oggi ne sono sempre più convinta: quando uno sportivo muore, tutto lo sport è in lutto.
Ciao Marco


Un mese fa...

...perchè un momento può durare un momento, oppure non passerà...
Un mese. E' già trascorso un mese. E' solo trascorso un mese. Non so bene come definire questo mese che se n'è appena andato, ma so quello che lascia dentro me. 
Mi manchi da stare male. Mi manchi che fa male. Ogni tanto ancora mi trovo a pensare che quell'ora in più potrei trascorrerla venendo a trovarti. Ma così veloce mi appare nella mente, così veloce la realtà riappare per quello che è. 
Non ci sei più.
Inutile elencare tutte le cose che mi mancano di te. Mi manchi te. E questo basta. 
Ma so che ci sei, perchè quando gioco me ne accorgo. C'è un applauso che sento più forte degli altri. Ci sono i tuoi occhi che mi guardano, un po' preoccupati che io mi faccia male, e un po' felici per come mi diverto. 
Avrei voluto chiacchierare ancora tanto con te. Raccontarti tante cose. Farti distrarre. 
Vorrei ripercorrere per molti anni ancora quella strada che mi portava da te. 
Ma non posso. 
Tutto ciò che posso ora, è renderti orgogliosa di me. Vorrei che dalla prima fila tu continuassi ad essere fiera della tua piccola nipote. Farò di tutto perchè ciò accada. 
E ogni volta che sentirò il tuo applauso, andrò più forte e coraggiosa che mai. 
Sei il mio battito. 
Ti voglio bene, tanto tanto.



lunedì 10 ottobre 2011

TSC&PRECI. Si comincia!

E la tensione cala, oggi, dopo la prima.
E che tensione. Quanta emozione. L'adrenalina che non ti fa respirare. Ma poi, tutto passa. Ci sei solo tu e quel campo. Quel pallone. Quella partita da giocare come se fosse la prima e l'ultima. 
Tutto è pronto. Hai indossato la tua maglia, che è tua, solo tua. Accuratamente adagiata sul tuo posto nello spogliatoio. C'è il tuo nome. Non ci sono errori. La indossi con ritualità religiosa. E poi si parte. 
Adesso il tuo io diventa il noi. Non sei più sola, ma parte di quell'essere squadra. Essere gruppo. E che squadra, che gruppo!
Adesso si fa sul serio. Il tuo sudore, le tue fatiche, le tue rinunce e sacrifici stanno per essere ricompensati. Ma dipende solo da te. Solo da noi. 
Ci siamo. 
Tutto inizia. E quando inizia, ci sei solo tu, solo noi. 
Palla al centro. Cuore nei piedi. Si parte.



Il tuo applauso

E' stato il tuo applauso, insieme al tuo sguardo, quello che ieri mi ha dato tanta forza e coraggio. Non lasciarmi mai. Ti voglio bene, mi manchi tanto.



martedì 27 settembre 2011

Ciao Nonnina


Bella nonnina mia!
Così ti salutavo sempre ogni volta che ti vedevo. E tu sorridevi sarcastica, non sentendoti più tanto bella con il trascorrere degli anni.
Di solito si tende a mitizzare i propri cari, ritenendoli i migliori del mondo, i più belli, i più buoni, i più saggi. Io non so se eri la migliore nonna del mondo, ma so per certo che sei stata la migliore per me. Riempivi i miei sabato pomeriggio con coca cola e fette biscottate con nutella, non rinunciando mai a badare a me quando c era bisogno.
Sorrido al ricordo di me che imparo a leggere l'orologio grazie a te mentre aspettiamo che le seppie cuociano. E mi commuovo nel pensare a quante fettuccine 'verdi' ti abbia fatto preparare.
Ti sei sempre sacrificata per tutta la tua famiglia, come una vera donna all'antica che, seppur borbottando, non ha mai negato tempo e disponibilità.
Oggi so che sei con nonno, stretti in un abbraccio forte 23 anni. Hai smesso di soffrire, e questa è l'unica certezza che mi da consolazione.
Voglio che tu sappia che di tutti questi giorni trascorsi in ospedale, non c'è stata una volta in cui mi sia pesato stare con te, e anzi, porterò sempre dentro di me quei sorrisi che mi dedicavi quando arrivavo o me ne andavo. Persino in quel letto d'ospedale non hai rinunciato a farmi capire quanto mi amavi.
Lo so, l'ho sempre saputo. E da oggi porterò con me questo tuo amore, che mi sosterrà nei momenti più difficili. Grazie per tutto ciò che hai fatto per me e per noi.
Salutami nonno. Ti voglio bene nonnina mia, tanto tanto.